Di seguito l'intervento di Oliviero Dottorini, capogruppo dell'Italia dei Valori, sul programma di governo 2010-2015.
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Linee programmatiche - Intervento di Oliviero Dottorini from Dottorini.com on Vimeo.
Prendo la parola per portare il punto di vista dell'Italia dei valori rispetto alle linee strategiche del programma di governo di questa nona legislatura. Una legislatura che si prospetta impegnativa e che ci chiede capacità di scelta e di determinazioni forti e coraggiose in grado di superare il progressivo esaurimento di parole d'ordine e strategie politiche che, da sole, potrebbero non essere all'altezza della sfida che ci attende.
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Il profilo che dell'Umbria emerge dai dati disponibili è quello di una regione assuefatta, ad economia matura (ma non in espansione), che fatica a trovare percorsi e strategie. Una regione che pare aver smarrito il suo slancio propulsivo e la sua spinta innovativa: solida per certi aspetti, ma più povera (il Pil pro-capite è inferiore al dato medio italiano e negli ultimi anni mostra un andamento decrescente). Saggia, ma più vecchia. Con un problema di calo occupazionale concentrato soprattutto sui giovani a istruzione più elevata (laureati, specializzati). Con un tessuto sociale ancora vivo e dinamico, ma meno saldo. Una regione in cui l'imprenditoria preferisce investire nell'edilizia, piuttosto che sperimentare nuove strade. Una regione minacciata nelle sue prospettive di sviluppo, con ancora troppe aziende sub-fornitrici a scarso valore qualitativo e imprenditori che delocalizzano le produzioni all'Est o nell'Oriente emergente. Con una società civile più debole, che fatica a trovare sogni e prospettive che uniscano piuttosto che parcellizzare le aspettative comuni.
Questo al netto della grave crisi globale che investe l'Umbria al pari delle altre regioni e senza considerare gli effetti degli interventi di un governo nazionale irresponsabile e incapace di rispondere alle nuove sfide, se non attraverso tagli, utilizzando ricette falsamente rassicuranti o facendo leva su politiche conservatrici e di corto respiro. La cronaca di questi giorni ci racconta di un esecutivo nazionale che, dopo aver negato la crisi, dopo averla considerata superata, dopo averci ripetutamente raccontato che il nostro Paese stava meglio degli altri anche dal punto di vista della finanza pubblica, predispone una manovra straordinaria in corso d'anno di quasi 25 miliardi in due anni, oltre la metà dei quali ricadono sulle spalle della finanza regionale e locale. Una manovra che costringerà gli enti locali a tagli, tasse e tariffe, bloccando le possibilità di rilancio economico e mettendo seriamente a repentaglio la possibilità per l'Umbria di garantire i servizi di qualità fino ad oggi offerti ai propri cittadini.
Nel panorama delle trasformazioni globali, minacciose o benigne che siano, la politica non può limitarsi, seguendo l'esempio del governo di centrodestra, all'escamotage, a scelte calate dall'alto o a intercettare contributi a prescindere da strategie globali.
Occorre invece un progetto di regione, un'idea di sviluppo e di società, un nuovo rapporto con associazioni, forze produttive, istituti di ricerca. Partendo da ciò che già esiste. Valorizzare, lasciarsi permeare è un compito delicato e importante che crediamo possa qualificare il programma di mandato di questa legislatura. C'è infatti un modello di regione che si fa avanti, molto spesso indipendentemente dalle scelte politiche.
E' un modello che prevede di puntare sulla qualità di uno sviluppo sostenibile, duraturo e non imitabile; che privilegia le filiere di qualità; che valorizza un'agricoltura orientata a produzioni meno impattanti e a un grande processo di riconversione; che sostiene le eccellenze e gli imprenditori coraggiosi, quelli abituati a fare i conti con la capacità di intercettare i mercati e non le sovvenzioni pubbliche. Da valorizzare c'è un'imprenditoria radicata e apprezzata in tutto il mondo, aziende artigianali e familiari di affermata tradizione.
Questo modello rifiuta privilegi e clientele, chiede invece regole certe, chiare e rispettate, chiede che venga tutelato chi intende contribuire con le proprie idee e il proprio lavoro alla crescita del tessuto economico regionale. E di poterlo fare senza sentirsi impotente di fronte a meccanismi di ingiustizia che spesso in passato anche la politica ha contribuito a radicare.
E' importante partire da un dato incontrovertibile per affrontare la stagione che ci attende e ammettere che non sempre le politiche economiche e di sviluppo elaborate per l'Umbria hanno ottenuto i risultati attesi. Non ha raggiunto ciò che prometteva il Patto per lo sviluppo, nelle sue diverse fasi; non ha dato frutti apprezzabili la stagione dei cosiddetti progetti caratterizzanti che in certe circostanze, anzi, hanno provocato soltanto degli strappi nel tessuto imprenditoriale della Regione (a questo proposito il caso del gruppo Ponti è emblematico).
La crisi economica che stiamo attraversando, però, non richiede risposte solo dal punto di vista economico. Gli effetti della crisi infatti si faranno sentire anche sul tessuto sociale della nostra regione e, anche a causa di provvedimenti come la recente manovra del governo nazionale, c'è il rischio che il nostro sistema di welfare ne risenta in maniera pesante.
L'Umbria è una regione con un tessuto sociale coeso, ricca di capitale sociale, di cittadini dotati di competenze e senso civico. Inoltre ha una storia che ci parla di una elevata qualità sociale e di ottime performance per quanto riguarda i servizi offerti ai cittadini in materia di sanità, assistenza, servizi per l'infanzia. E' considerata all'avanguardia per quanto riguarda i servizi al disagio psichiatrico, per esempio.
Ora è del tutto evidente che se da un lato la crisi colpirà soprattutto le fasce più deboli della popolazione, generando così un effetto di aumento della domanda di servizi di welfare, dall'altro lato i tagli del governo renderanno sempre più difficile mantenere adeguata l'offerta di tali servizi.
Diventa perciò sempre più centrale la necessità di dare piena attuazione al principio della sussidiarietà orizzontale, potenziando il rapporto pubblico-privato sociale e sostenendo le esperienze associative e mutualistiche dei cittadini. Compito arduo della regione sarà quello di garantire il mantenimento e se possibile l'innalzamento dell'adeguatezza e qualità dei servizi erogati, e allo stesso tempo mantenere l'equilibrio finanziario del sistema senza incrementare il livello di prelievo fiscale a carico dei cittadini, pur a fronte di un contesto che vede una drastica riduzione dei finanziamenti a disposizione.
E' con questi presupposti che riteniamo apprezzabile l'analisi che lei, Presidente, ci sottopone riguardo al contesto nazionale e internazionale, sottolineando l'affermarsi di una crisi di sistema gravissima, inedita e non congiunturale. In questo contesto il quadro che lei delinea è del tutto condivisibile: ci propone una "identità politica distintiva da coltivare e sviluppare, in base alla quale farci riconoscere dai cittadini e meritarne la fiducia". Una identità caratterizzata dalla "consapevolezza che il destino dell'essere umano e dell'ambiente dove egli vive sono un tutt'uno, che non può esservi vero progresso senza la tutela delle risorse naturali e che a sua volta la tutela dell'ambiente non può essere disgiunta dal perseguimento della giustizia sociale e dalla valorizzazione del lavoro". Condividiamo il suo punto di vista secondo il quale la crisi economico-finanziaria che ha investito anche la nostra regione e le sfide che dobbiamo affrontare richiedono un approccio nuovo nel quale "non devono più esistere tabù". Il riferimento è agli assetti consolidati, agli interessi costituiti, alle aree di rendita e di protezione.
Avendo in mente un progetto ed un modello di questo tipo, non possiamo non apprezzare, signora Presidente, la sua scelta di "puntare in particolare sullo sviluppo dell'economia della conoscenza" e su un "sistema produttivo in cui il motore di sviluppo della green economy assuma un ruolo determinante". Crediamo infatti che l'Umbria abbia tutte le carte in regola per aspirare a diventare un vero e proprio laboratorio di sperimentazione di nuove produzioni e di nuove forme di consumo e di convivenza che contribuiscano a rafforzare l'immagine del cuore verde d'Italia sia dal punto di vista dell'ambiente e del paesaggio, sia dal punto di vista della capacità innovativa del sistema economico.
Scommettere sulla green economy significa scommettere sull'innovazione, sulla ricerca, sulla qualità che i nostri territori sanno esprimere e sulle caratteristiche della nostra storia. Significa immaginare una vocazione che è insita nelle qualità ambientali, culturali, strutturali e territoriali dell'Umbria, valorizzando una prospettiva di sviluppo per la nostra economia che diventi sistema e che si traduca in un utilizzo razionale delle risorse e in una sensibilità che fino ad oggi a dire il vero è mancata riguardo all'impatto che le attività produttive possono avere sull'ambiente e sulla società regionale. Un sistema che riveda sia i modelli produttivi strategici che i modelli di consumo fino a ridefinire i valori fondanti della nostra società, che devono vedere l'essere umano e il contesto in cui vive al centro del modello di sviluppo e non l'accumulazione del profitto come fine ultimo del sistema economico.
Per fare questo è necessario liberare le potenzialità di quella imprenditoria sana e innovativa - in grado di scommettere sul futuro ed investire - che è presente nella nostra regione, ma che ha bisogno che si creino le condizioni più favorevoli perché possa mostrare pienamente le proprie capacità. Forse è necessario avviare anche una riflessione sulle molte aziende multinazionali presenti in Umbria e sui modelli produttivi che fino ad oggi hanno caratterizzato il nostro sistema produttivo.
E' necessario, in una parola, che questo approccio diventi sistemico. Questo significa che deve attraversare molti degli aspetti che fanno parte di un programma di governo, da quello relativo alla questione energetica alle politiche agricole, dalla gestione dei beni comuni alle politiche legate alla filiera Turismo-ambiente-cultura, dal settore dell'innovazione e della ricerca a quello dell'edilizia per finire a quello della mobilità. E' in ciascuno di questi settori che potremo misurare se l'azione della Giunta sarà coerente con una visione di fondo che, ripeto, è pienamente condivisibile.
A questo proposito dobbiamo rimarcare che non sempre c'è una consequenzialità tra le affermazioni di principio e le misure previste, come abbiamo avuto modo di segnalare nei giorni scorsi attraverso una nostra lettera.
Partiamo dalla difesa dei beni comuni. Per l'Italia dei Valori questo è un tema di fondamentale importanza, a partire dalla gestione pubblica dell'acqua. Per noi assumere la difesa dell'acqua come bene comune significa concepire una gestione pubblica del sevizio idrico. Come sappiamo, in Umbria la gestione di questo servizio è mista. A nostro avviso occorre individuare le modalità perché la presenza pubblica sia in grado di non consegnare alcun ruolo di indirizzo e di determinazione della tariffa al privato. La soluzione va trovata a livello normativo, ad esempio prescrivendo una precisa formula sulla formazione della tariffa a livello del contratto di servizio che eviti gli incrementi automatici e distinguendo definitivamente la rete idrica (che è e deve restare completamente pubblica) dal servizio di erogazione.
Pensiamo inoltre che sia assolutamente strategico lavorare per un nuovo Piano energetico regionale che sia ispirato fortemente agli obiettivi comunitari, cosiddetti del 20-20-20, e che punti quindi ad avviare processi e sperimentazioni significative al fine di promuovere la diffusione della produzione di energia da fonte rinnovabile e il risparmio energetico di famiglie e imprese. In un momento in cui il Governo Berlusconi ci propone come soluzione una opzione obsoleta, pericolosa e anti-economica come il nucleare, diventa ancora più necessario che l'Umbria sappia promuovere e favorire la nascita di un polo tecnologico che veda la cooperazione tra centri di ricerca pubblici e privati e le imprese più impegnate nei settori delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica.
Vediamo con grande favore tutte le iniziative sperimentali che possano portarci verso la costruzione di una regione che sia un centro di eccellenza per quanto riguarda le azioni di risparmio energetico e di energia rinnovabile, tanto nel pubblico quanto nel privato. Chiediamo che venga promosso lo sportello regionale sulle energie rinnovabili in grado di orientare gli utenti privati e chiunque intenda investire in questo settore, agevolando pratiche e semplificando le procedure.
Noi sappiamo che ogni kilowattora prodotto da fonti rinnovabili comporta una analoga riduzione di produzione da fonti convenzionali. Ci aspetteremmo pertanto un passo ulteriore. Una scelta conseguente e coraggiosa dovrebbe indurci ad affermare che non tutti gli impianti a combustibile fossile dell'Umbria possono essere mantenuti attivi e lavorare per chiudere almeno quelli più obsoleti. Per l'Italia dei Valori è giunto il momento di porre, ad esempio, il tema della riconversione della centrale di Gualdo Cattaneo sui tavoli della politica e del governo regionale. Attendiamo una risposta.
Parlavamo di una non compiuta corrispondenza tra affermazioni di principio e politiche di indirizzo. Sull'agricoltura, ad esempio, coesistono due approcci che sembrano l'uno l'opposto dell'altro. Si parla di green economy, esaltando i valori della tipicità, della qualità e delle vocazioni del territorio, ma poi si punta ancora su politiche di sostegno all'agricoltura intensiva e monoculturale giungendo persino a parlare di coesistenza in materia di Ogm. Ora, è noto a tutti che un conto è favorire la ricerca in campo chiuso (da accettare e valorizzare), altro è la ricerca in campo aperto o la coesistenza fra colture convenzionali e colture geneticamente modificate, pratica quest'ultima rischiosissima e possibile solo al costo di compromettere la tipicità delle colture locali, il valore aggiunto dell'immagine che l'Umbria si è guadagnata in Italia e nel mondo. L'Umbria vanta tra l'altro una tradizione di ferma opposizione riguardo alla coltivazione dei prodotti transgenici. Ci onora di essere tra le 26 regioni europee che hanno firmato la Carta di Firenze a difesa della qualità dei nostri prodotti e per la tutela della salute dei consumatori. Condividiamo la preoccupazione delle associazioni di categoria più avanzate su questi temi, come Coldiretti e Aiab, delle associazioni di consumatori e di quelle ambientaliste rispetto al pericolo delle pratiche transgeniche. Ai circa 50 comuni che hanno dichiarato il loro territorio Ogm-free dobbiamo far sì che se ne aggiungano altri e che l'Umbria diventi off-limits per le grandi multinazionali del transgenico che sono alla ricerca di nuovi territori da contaminare. In questo ci facciamo forti di quanto dichiarato dalla Presidente in campagna elettorale quando ha affermato che "l'agricoltura italiana e quella umbra in particolare non hanno bisogno di Ogm". Nella lettera inviata alle associazioni del biologico ricordò in modo lungimirante che "siamo fermamente convinti della necessità di impedire ogni contaminazione da Ogm, anche accidentale". Pertanto rinviamo al mittente questa innovazione senza novità. Ed è singolare - oltre che significativo di un approccio - che si pensi a una forzatura che va contro lo spirito e il dettato della nostra legislazione regionale che, con la legge 21 del 2001, afferma: "La coltivazione di piante transgeniche è vietata in pieno campo, anche a fini sperimentali, su tutto il territorio regionale".
Non dovrebbe sfuggire a nessuno che l'Umbria ha tra i suoi punti di forza e tra i suoi vantaggi competitivi la elevata qualità dei suoi prodotti tipici e la straordinaria bellezza dei suoi paesaggi. Le attività legate all'agricoltura possono, se coerenti con un modello sostenibile, valorizzare, tutelare e moltiplicare questi punti di forza, attraverso un'agricoltura multifunzionale che punti al superamento di monocolture impattanti e individui risposte alla crisi, ormai sistemica, del modello agricolo convenzionale.
E' per questi motivi che noi sosteniamo la necessità di dare un forte impulso alle esperienze di filiera corta e di qualità. E' giunto secondo noi il momento di rompere gli indugi e indirizzare le politiche umbre nella direzione di questi modelli di sviluppo che rappresentano le migliori e più concrete opportunità di valorizzazione, anche economica, del nostro territorio con ricadute occupazionali per niente trascurabili.
Non si deve negare che spesso, nel recente passato, nel dibattito attorno a tali temi, vi sia stata qualche ambiguità di troppo e una scarsa capacità nel superare gli interessi particolari a favore di quelli collettivi. Mi riferisco in particolare agli aspetti legati al comparto della zootecnia in Umbria e alle ben note vicende legate alla suinicoltura, che hanno avuto anche risvolti rilevanti in sede giudiziaria. E' significativo innanzitutto che nella relazione non si faccia menzione dell'emergenza legata agli scandali che hanno colpito i territori di Marsciano e Bettona. Crediamo che se veramente è nostra intenzione parlare di sviluppo sostenibile, di Umbria verde, di qualità e di un'economia ad elevato valore aggiunto, si debba avere il coraggio di ridefinire questo comparto secondo un modello che, come ricordavamo in precedenza, non esiti ad abbandonare i tabù e le posizioni di rendita, ma sia invece in grado di immaginare una zootecnia basata su marchi e certificazioni, su una filiera corta e di qualità, che non inquini l'ambiente, integrata con il territorio, capace di qualificare i nostri prodotti tipici e di generare valore aggiunto in Umbria. Dobbiamo avere il coraggio di dare uno stop chiaro agli allevamenti in regime di soccida, notando l'effetto perverso di allevare non per una filiera alimentare, ma per produrre il liquame necessario all'innesco della formazione di biogas.
Noi le chiediamo, Presidente, di elaborare un Piano per la zootecnia sostenibile in Umbria in grado di restituire fiducia innanzitutto alle popolazioni di quei territori. Un Piano che sappia individuare le potenzialità vere della nostra regione, che sappia qualificare il settore e quantificare il numero di capi sulla base dei quali programmare un'impiantistica che a nostro avviso non può che essere di livello aziendale. Nei territori di Bettona e Marsciano, prima ancora che l'equilibrio ambientale e le potenzialità di sviluppo economico, a essere compromessa è stata la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. E' necessaria quindi una presa d'atto definitiva che metta fine a interpretazioni di comodo e a tentazioni furbesche di proseguire sui sentieri già battuti che ci hanno condotto all'attuale situazione di emergenza.
Nella indeterminatezza che talora contraddistingue le linee programmatiche di legislatura, colpisce la precisione di dettaglio con cui si affronta la materia riguardante la gestione integrata dei rifiuti, ribadendo in particolare la necessità del ricorso al trattamento termico e la necessità dell'ampliamento delle discariche di Belladanza, Borgo Giglione e Le Crete. Punto fondamentale per noi sarà poter constatare che il Piano viene applicato in tutta la sua interezza. Quindi: raccolta domiciliare "porta a porta" in tutto il territorio regionale, passaggio "da tassa a tariffa" e tariffe personalizzate sulla base dei rifiuti indifferenziati realmente prodotti dalle famiglie (secondo il principio "chi meno inquina meno paga"), netta separazione tra gestori della raccolta e gestori degli impianti di smaltimento ultimo, sperimentazione dei sistemi di preselezione più avanzata (modello Vedelago) almeno negli Ati non dotati di impiantistica (Ati1 e Ati4). Il ciclo deve essere chiuso a livello regionale su una base quantitativa misurata su una raccolta differenziata del 65% e sull'effetto di norme, che non ci sono ancora, riguardanti il contenimento dei rifiuti all'origine.
Solo a quel punto - certo non prima - si potrà discutere sull'effettiva necessità e sulla tecnologia più avanzata da adottare per la chiusura del ciclo, tenendo presente che l'incenerimento dei rifiuti contribuisce all'effetto serra in modo consistente e che la sua relazione, Presidente, afferma essere questo uno dei principali nemici da combattere. Tenendo conto anche del fatto che non ci risultano politiche regionali particolarmente sensibili all'introduzione di modelli di selezione meccanica spinta sul modello Vedelago, che forse renderebbero superfluo sia l'ampliamento delle discariche esistenti che la realizzazione di impianti di smaltimento finale che notoriamente necessitano di quantità non trascurabili di rifiuti. Non è inopportuno ricordare infine che nel 2012 cessa del tutto il regime del CIP6, scandalo tutto italiano che mette sullo stesso piano l'energia prodotta da fonti rinnovabili e quella prodotta da rifiuti che in questo modo cesserà di essere economicamente conveniente.
A nostro avviso occorre anche una presa di posizione più precisa riguardo al trasporto ferroviario e ai collegamenti extraregionali. Non ci convince lo slancio infrastrutturale che punta a uno sviluppo della viabilità su gomma come soluzione per l'isolamento dell'Umbria. Noi non siamo contrari ad avviare interventi per favorire il superamento dell'isolamento infrastrutturale dell'Umbria. Il nostro appoggio non mancherà per tutte quelle opere utili e sensate che possano consentire di immaginare una regione moderna e al passo con i tempi. Sosterremo con convinzione il potenziamento della rete ferroviaria, con l'ipotesi di connessione della Fcu ad Arezzo, in modo da collegare la rete regionale a quella nazionale. Ma sarebbe opportuno che il nuovo Piano dei trasporti esaminasse anche la possibilità di collegare direttamente Perugia con l'Alta Velocità, con la variante della Orte-Falconara, senza di che la rete infrastrutturale strategica resterebbe quella stradale e lo stesso aeroporto regionale sarebbe destinato a vedere mortificate le proprie potenzialità.
E' invece ormai nota, e qui oggi la ribadiamo, la nostra posizione fermamente contraria alla trasformazione della E45 in autostrada. Non ci stancheremo mai di ripetere che si tratta di un'opera inutile, costosissima e dall'impatto devastante sul territorio e sul paesaggio umbro. Tra l'altro ci domandiamo come possa essere ancora credibile mettere in cantiere un progetto come questo a fronte della pesante situazione finanziaria ed economica che sta vivendo il nostro paese. A meno che non si considerino gli evidenti fini propagandistici. Ciò che serve realmente è la messa in sicurezza di questa importante arteria stradale ed il suo adeguamento agli standard europei. Prima ancora e più realisticamente serve un piano di manutenzione straordinaria che ci eviti la vergogna di una strada non degna di un paese europeo. Per fare questo siamo pronti a non escludere il pedaggiamento del valico di Verghereto, facendo salva ovviamente la viabilità locale e regionale.
Priorità assoluta deve essere data alle grandi incompiute: dalla Perugia-Ancona alla E78, alla tre valli. Siamo inoltre convinti che l'Umbria, così come gran parte del Paese, non ha bisogno di grandi opere, ma di una grande stagione di opere pubbliche. Il che significa iniziare a valorizzare le nostre reali potenzialità, senza rincorrere visioni e progetti che altri hanno già sperimentato e che oggi stanno abbandonando.
C'è infine un aspetto su cui ci saremmo attesi maggiore attenzione. In epoca di crisi economica, di sacrifici e di tagli, è necessario il coraggio per rendere effettiva l'affermazione da cui si dipana la relazione di programma, laddove si afferma che non devono più esistere tabù o rendite di posizione. Tutti dobbiamo fare la nostra parte e avere il coraggio di inoltrarci nella selva degli enti sub-regionali per effettuare dei tagli reali. E' opportuno, a nostro avviso, concentrarsi su Asl, Comunità montane ed Ati. Se le province ci sono e il governo nazionale appare in questo campo indeciso a tutto, devono poter vedere assegnati dei ruoli e delle competenze che oggi sono assegnate ad Ati e Comunità montane. Per quanto ci riguarda sono da privilegiare le istituzioni elettive.
Ci sembra che debba essere rivista anche la pratica delle consulenze esterne che negli anni hanno appesantito i bilanci della pubblica amministrazione, hanno reso meno trasparente il rapporto tra politica e istituzioni e spesso hanno dissimulato una riproposizione del vecchio precariato pubblico. Affermare che tutte le assunzioni dovranno essere fatte attraverso pubblico concorso potrebbe rappresentare una svolta rispetto a quanto praticato fino ad oggi. Un bel segnale di rinnovamento che la invitiamo a non trascurare.
Stessa cosa vale per le nomine dei direttori delle Asl: è giunto forse il momento di abbandonare la pratica delle nomine politiche per individuare altre modalità meno lottizzatorie e più aderenti ai bisogni della nostra regione per individuare chi deve guidare uno dei settori più importanti del nostro sistema sociale. Se è discutibile la trasformazione aziendalistica del nostro sistema sanitario, lo è ancora di più pensare di trasferire in quel sistema le pratiche della vecchia conduzione partitica.
Presidente, per l'importanza politica e la forza innovativa che hanno i temi che Le proponiamo, pensiamo che risulti necessaria la loro introduzione nel programma di legislatura, contribuendo a qualificarlo ulteriormente rispetto all'impronta innovativa che noi già vi riconosciamo. Esistono nella nostra società regionale delle forti aspettative di una visibile discontinuità nell'azione di governo rispetto alla fase che ci lasciamo alle spalle. Lei stessa sottolinea l'avvio di una nuova fase storica per la società e per l'economia dell'Umbria e sale forte dalla società civile della nostra regione una richiesta di coerenza tra le enunciazioni di principio e i fatti.
Per questo chiediamo delle risposte chiare riguardo ai temi che l'Italia dei Valori, seconda forza della coalizione di centrosinistra, pone oggi sul tavolo del dibattito. Le assicuriamo sin da ora che sulle questioni che abbiamo evidenziato saremo intransigenti. Riteniamo che puntare sulla green economy e sul superamento di rendite di posizione consolidate rappresenti realmente un'opportunità per la nostra regione e una concreta risposta alla richiesta di azioni innovative capaci di rilanciare lo sviluppo dell'Umbria. Posizioni incoerenti o addirittura contraddizioni interne alla nostra stessa proposta di governo risulterebbero controproducenti per la nostra coalizione e per l'Umbria. Noi - lo diciamo subito - manterremo ferma anche in futuro la nostra posizione in Consiglio regionale sulle questioni che abbiamo posto come contributo al programma di governo della regione.
Detto questo, posso oggi assicurare che l'Italia dei Valori darà il proprio contributo determinato alla piena realizzazione delle linee programmatiche della coalizione, ritenendole pienamente compatibili con il modello di sviluppo sostenibile che ci sta a cuore e con una visione della cosa pubblica improntata al rigore e alla trasparenza. Il nostro apporto alla coalizione di governo ci porterà a ricercare maggiore slancio a favore della riconversione delle colture agricole verso un modello più rispettoso delle vocazioni della nostra regione, nel sostegno all'artigianato e alla piccola e media imprenditoria, nella valorizzazione del turismo di qualità e delle politiche mirate al rilancio della filiera Turismo-ambiente-cultura.
Sosterremo con convinzione l'azione della regione finalizzata da un lato a dare continuità agli strumenti per facilitare l'accesso al credito per il sistema delle imprese e dall'altro lato a rafforzare la struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese stesse, contrastando la pratica che vede alcune realtà imprenditoriali indebitamente "assistite" e altre non adeguatamente accompagnate nel loro percorso di innovazione e nella loro ricerca di posizionamento creativo nel contesto globale. Allo stesso modo condividiamo l'obiettivo di predisporre servizi orientati al riposizionamento attivo delle aziende colpite dalla crisi.
Non mancherà il nostro appoggio al tentativo di costruire un sistema culturale integrato, che garantisca standard qualitativi elevati e riconoscibili e capace di metter in rete soggetti e servizi.
Ci impegneremo perché il nostro sistema sanitario riesca, mantenendo un adeguato equilibrio finanziario, a fare decisi passi avanti nella qualità della relazione con i cittadini, ad esempio lavorando per ridurre in maniera significativa le liste d'attesa.
Riteniamo fondamentale un'azione decisa nel campo delle politiche per la casa. A questo proposito crediamo che si debba arrivare in tempi brevi all'approvazione della nostra proposta di legge in materia di autocostruzione e autorecupero che contiene norme che possono fornire una risposta adeguata alle esigenze abitative delle fasce deboli.
Ci impegneremo per rafforzare i legami e la fiducia con i territori e con i cittadini della nostra regione, maggiore sostegno alle forze sane del nostro tessuto sociale, dalle associazioni di volontariato all'economia sociale, dalla finanza etica, al commercio equo e solidale. Avendo sempre presente la volontà di cambiamento e di rigore etico che sta alla base del nostro impegno politico e della nostra presenza nelle istituzioni.
Idv sarà pertanto un alleato serio e leale, ma non subalterno. Pronto ad arricchire con le proprie idee i programmi di coalizione e ad esercitare la difficile arte del confronto. Su un piano paritetico. Con la responsabilità che ci viene assegnata dall'essere, sulla base dei consensi che i cittadini ci hanno voluto accordare, la seconda forza della coalizione chiamata a governare questa regione.
Sono convinto che sapremo ricercare le sintesi che ci consentiranno di governare le sfide più complesse. Lavoreremo instancabilmente dai banchi di questo Consiglio in cui siamo fieri di sedere, ma anche dai vari territori regionali assieme ai cittadini chi ci hanno dato questa magnifica opportunità di rappresentarli.
Per questo, signora Presidente, nel pieno della propria autonomia progettuale e di elaborazione, con i distinguo che ho appena illustrato e in attesa di avere risposte rispetto alle istanze rappresentate, l'Italia dei Valori le augura un quinquennio di progetti, di cambiamento e di autentica capacità di affermare il buon governo nella nostra Regione.
Grazie.
Oliviero Dottorini
Capogruppo Italia dei Valori
Questo al netto della grave crisi globale che investe l'Umbria al pari delle altre regioni e senza considerare gli effetti degli interventi di un governo nazionale irresponsabile e incapace di rispondere alle nuove sfide, se non attraverso tagli, utilizzando ricette falsamente rassicuranti o facendo leva su politiche conservatrici e di corto respiro. La cronaca di questi giorni ci racconta di un esecutivo nazionale che, dopo aver negato la crisi, dopo averla considerata superata, dopo averci ripetutamente raccontato che il nostro Paese stava meglio degli altri anche dal punto di vista della finanza pubblica, predispone una manovra straordinaria in corso d'anno di quasi 25 miliardi in due anni, oltre la metà dei quali ricadono sulle spalle della finanza regionale e locale. Una manovra che costringerà gli enti locali a tagli, tasse e tariffe, bloccando le possibilità di rilancio economico e mettendo seriamente a repentaglio la possibilità per l'Umbria di garantire i servizi di qualità fino ad oggi offerti ai propri cittadini.
Nel panorama delle trasformazioni globali, minacciose o benigne che siano, la politica non può limitarsi, seguendo l'esempio del governo di centrodestra, all'escamotage, a scelte calate dall'alto o a intercettare contributi a prescindere da strategie globali.
Occorre invece un progetto di regione, un'idea di sviluppo e di società, un nuovo rapporto con associazioni, forze produttive, istituti di ricerca. Partendo da ciò che già esiste. Valorizzare, lasciarsi permeare è un compito delicato e importante che crediamo possa qualificare il programma di mandato di questa legislatura. C'è infatti un modello di regione che si fa avanti, molto spesso indipendentemente dalle scelte politiche.
E' un modello che prevede di puntare sulla qualità di uno sviluppo sostenibile, duraturo e non imitabile; che privilegia le filiere di qualità; che valorizza un'agricoltura orientata a produzioni meno impattanti e a un grande processo di riconversione; che sostiene le eccellenze e gli imprenditori coraggiosi, quelli abituati a fare i conti con la capacità di intercettare i mercati e non le sovvenzioni pubbliche. Da valorizzare c'è un'imprenditoria radicata e apprezzata in tutto il mondo, aziende artigianali e familiari di affermata tradizione.
Questo modello rifiuta privilegi e clientele, chiede invece regole certe, chiare e rispettate, chiede che venga tutelato chi intende contribuire con le proprie idee e il proprio lavoro alla crescita del tessuto economico regionale. E di poterlo fare senza sentirsi impotente di fronte a meccanismi di ingiustizia che spesso in passato anche la politica ha contribuito a radicare.
E' importante partire da un dato incontrovertibile per affrontare la stagione che ci attende e ammettere che non sempre le politiche economiche e di sviluppo elaborate per l'Umbria hanno ottenuto i risultati attesi. Non ha raggiunto ciò che prometteva il Patto per lo sviluppo, nelle sue diverse fasi; non ha dato frutti apprezzabili la stagione dei cosiddetti progetti caratterizzanti che in certe circostanze, anzi, hanno provocato soltanto degli strappi nel tessuto imprenditoriale della Regione (a questo proposito il caso del gruppo Ponti è emblematico).
La crisi economica che stiamo attraversando, però, non richiede risposte solo dal punto di vista economico. Gli effetti della crisi infatti si faranno sentire anche sul tessuto sociale della nostra regione e, anche a causa di provvedimenti come la recente manovra del governo nazionale, c'è il rischio che il nostro sistema di welfare ne risenta in maniera pesante.
L'Umbria è una regione con un tessuto sociale coeso, ricca di capitale sociale, di cittadini dotati di competenze e senso civico. Inoltre ha una storia che ci parla di una elevata qualità sociale e di ottime performance per quanto riguarda i servizi offerti ai cittadini in materia di sanità, assistenza, servizi per l'infanzia. E' considerata all'avanguardia per quanto riguarda i servizi al disagio psichiatrico, per esempio.
Ora è del tutto evidente che se da un lato la crisi colpirà soprattutto le fasce più deboli della popolazione, generando così un effetto di aumento della domanda di servizi di welfare, dall'altro lato i tagli del governo renderanno sempre più difficile mantenere adeguata l'offerta di tali servizi.
Diventa perciò sempre più centrale la necessità di dare piena attuazione al principio della sussidiarietà orizzontale, potenziando il rapporto pubblico-privato sociale e sostenendo le esperienze associative e mutualistiche dei cittadini. Compito arduo della regione sarà quello di garantire il mantenimento e se possibile l'innalzamento dell'adeguatezza e qualità dei servizi erogati, e allo stesso tempo mantenere l'equilibrio finanziario del sistema senza incrementare il livello di prelievo fiscale a carico dei cittadini, pur a fronte di un contesto che vede una drastica riduzione dei finanziamenti a disposizione.
E' con questi presupposti che riteniamo apprezzabile l'analisi che lei, Presidente, ci sottopone riguardo al contesto nazionale e internazionale, sottolineando l'affermarsi di una crisi di sistema gravissima, inedita e non congiunturale. In questo contesto il quadro che lei delinea è del tutto condivisibile: ci propone una "identità politica distintiva da coltivare e sviluppare, in base alla quale farci riconoscere dai cittadini e meritarne la fiducia". Una identità caratterizzata dalla "consapevolezza che il destino dell'essere umano e dell'ambiente dove egli vive sono un tutt'uno, che non può esservi vero progresso senza la tutela delle risorse naturali e che a sua volta la tutela dell'ambiente non può essere disgiunta dal perseguimento della giustizia sociale e dalla valorizzazione del lavoro". Condividiamo il suo punto di vista secondo il quale la crisi economico-finanziaria che ha investito anche la nostra regione e le sfide che dobbiamo affrontare richiedono un approccio nuovo nel quale "non devono più esistere tabù". Il riferimento è agli assetti consolidati, agli interessi costituiti, alle aree di rendita e di protezione.
Avendo in mente un progetto ed un modello di questo tipo, non possiamo non apprezzare, signora Presidente, la sua scelta di "puntare in particolare sullo sviluppo dell'economia della conoscenza" e su un "sistema produttivo in cui il motore di sviluppo della green economy assuma un ruolo determinante". Crediamo infatti che l'Umbria abbia tutte le carte in regola per aspirare a diventare un vero e proprio laboratorio di sperimentazione di nuove produzioni e di nuove forme di consumo e di convivenza che contribuiscano a rafforzare l'immagine del cuore verde d'Italia sia dal punto di vista dell'ambiente e del paesaggio, sia dal punto di vista della capacità innovativa del sistema economico.
Scommettere sulla green economy significa scommettere sull'innovazione, sulla ricerca, sulla qualità che i nostri territori sanno esprimere e sulle caratteristiche della nostra storia. Significa immaginare una vocazione che è insita nelle qualità ambientali, culturali, strutturali e territoriali dell'Umbria, valorizzando una prospettiva di sviluppo per la nostra economia che diventi sistema e che si traduca in un utilizzo razionale delle risorse e in una sensibilità che fino ad oggi a dire il vero è mancata riguardo all'impatto che le attività produttive possono avere sull'ambiente e sulla società regionale. Un sistema che riveda sia i modelli produttivi strategici che i modelli di consumo fino a ridefinire i valori fondanti della nostra società, che devono vedere l'essere umano e il contesto in cui vive al centro del modello di sviluppo e non l'accumulazione del profitto come fine ultimo del sistema economico.
Per fare questo è necessario liberare le potenzialità di quella imprenditoria sana e innovativa - in grado di scommettere sul futuro ed investire - che è presente nella nostra regione, ma che ha bisogno che si creino le condizioni più favorevoli perché possa mostrare pienamente le proprie capacità. Forse è necessario avviare anche una riflessione sulle molte aziende multinazionali presenti in Umbria e sui modelli produttivi che fino ad oggi hanno caratterizzato il nostro sistema produttivo.
E' necessario, in una parola, che questo approccio diventi sistemico. Questo significa che deve attraversare molti degli aspetti che fanno parte di un programma di governo, da quello relativo alla questione energetica alle politiche agricole, dalla gestione dei beni comuni alle politiche legate alla filiera Turismo-ambiente-cultura, dal settore dell'innovazione e della ricerca a quello dell'edilizia per finire a quello della mobilità. E' in ciascuno di questi settori che potremo misurare se l'azione della Giunta sarà coerente con una visione di fondo che, ripeto, è pienamente condivisibile.
A questo proposito dobbiamo rimarcare che non sempre c'è una consequenzialità tra le affermazioni di principio e le misure previste, come abbiamo avuto modo di segnalare nei giorni scorsi attraverso una nostra lettera.
Partiamo dalla difesa dei beni comuni. Per l'Italia dei Valori questo è un tema di fondamentale importanza, a partire dalla gestione pubblica dell'acqua. Per noi assumere la difesa dell'acqua come bene comune significa concepire una gestione pubblica del sevizio idrico. Come sappiamo, in Umbria la gestione di questo servizio è mista. A nostro avviso occorre individuare le modalità perché la presenza pubblica sia in grado di non consegnare alcun ruolo di indirizzo e di determinazione della tariffa al privato. La soluzione va trovata a livello normativo, ad esempio prescrivendo una precisa formula sulla formazione della tariffa a livello del contratto di servizio che eviti gli incrementi automatici e distinguendo definitivamente la rete idrica (che è e deve restare completamente pubblica) dal servizio di erogazione.
Pensiamo inoltre che sia assolutamente strategico lavorare per un nuovo Piano energetico regionale che sia ispirato fortemente agli obiettivi comunitari, cosiddetti del 20-20-20, e che punti quindi ad avviare processi e sperimentazioni significative al fine di promuovere la diffusione della produzione di energia da fonte rinnovabile e il risparmio energetico di famiglie e imprese. In un momento in cui il Governo Berlusconi ci propone come soluzione una opzione obsoleta, pericolosa e anti-economica come il nucleare, diventa ancora più necessario che l'Umbria sappia promuovere e favorire la nascita di un polo tecnologico che veda la cooperazione tra centri di ricerca pubblici e privati e le imprese più impegnate nei settori delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica.
Vediamo con grande favore tutte le iniziative sperimentali che possano portarci verso la costruzione di una regione che sia un centro di eccellenza per quanto riguarda le azioni di risparmio energetico e di energia rinnovabile, tanto nel pubblico quanto nel privato. Chiediamo che venga promosso lo sportello regionale sulle energie rinnovabili in grado di orientare gli utenti privati e chiunque intenda investire in questo settore, agevolando pratiche e semplificando le procedure.
Noi sappiamo che ogni kilowattora prodotto da fonti rinnovabili comporta una analoga riduzione di produzione da fonti convenzionali. Ci aspetteremmo pertanto un passo ulteriore. Una scelta conseguente e coraggiosa dovrebbe indurci ad affermare che non tutti gli impianti a combustibile fossile dell'Umbria possono essere mantenuti attivi e lavorare per chiudere almeno quelli più obsoleti. Per l'Italia dei Valori è giunto il momento di porre, ad esempio, il tema della riconversione della centrale di Gualdo Cattaneo sui tavoli della politica e del governo regionale. Attendiamo una risposta.
Parlavamo di una non compiuta corrispondenza tra affermazioni di principio e politiche di indirizzo. Sull'agricoltura, ad esempio, coesistono due approcci che sembrano l'uno l'opposto dell'altro. Si parla di green economy, esaltando i valori della tipicità, della qualità e delle vocazioni del territorio, ma poi si punta ancora su politiche di sostegno all'agricoltura intensiva e monoculturale giungendo persino a parlare di coesistenza in materia di Ogm. Ora, è noto a tutti che un conto è favorire la ricerca in campo chiuso (da accettare e valorizzare), altro è la ricerca in campo aperto o la coesistenza fra colture convenzionali e colture geneticamente modificate, pratica quest'ultima rischiosissima e possibile solo al costo di compromettere la tipicità delle colture locali, il valore aggiunto dell'immagine che l'Umbria si è guadagnata in Italia e nel mondo. L'Umbria vanta tra l'altro una tradizione di ferma opposizione riguardo alla coltivazione dei prodotti transgenici. Ci onora di essere tra le 26 regioni europee che hanno firmato la Carta di Firenze a difesa della qualità dei nostri prodotti e per la tutela della salute dei consumatori. Condividiamo la preoccupazione delle associazioni di categoria più avanzate su questi temi, come Coldiretti e Aiab, delle associazioni di consumatori e di quelle ambientaliste rispetto al pericolo delle pratiche transgeniche. Ai circa 50 comuni che hanno dichiarato il loro territorio Ogm-free dobbiamo far sì che se ne aggiungano altri e che l'Umbria diventi off-limits per le grandi multinazionali del transgenico che sono alla ricerca di nuovi territori da contaminare. In questo ci facciamo forti di quanto dichiarato dalla Presidente in campagna elettorale quando ha affermato che "l'agricoltura italiana e quella umbra in particolare non hanno bisogno di Ogm". Nella lettera inviata alle associazioni del biologico ricordò in modo lungimirante che "siamo fermamente convinti della necessità di impedire ogni contaminazione da Ogm, anche accidentale". Pertanto rinviamo al mittente questa innovazione senza novità. Ed è singolare - oltre che significativo di un approccio - che si pensi a una forzatura che va contro lo spirito e il dettato della nostra legislazione regionale che, con la legge 21 del 2001, afferma: "La coltivazione di piante transgeniche è vietata in pieno campo, anche a fini sperimentali, su tutto il territorio regionale".
Non dovrebbe sfuggire a nessuno che l'Umbria ha tra i suoi punti di forza e tra i suoi vantaggi competitivi la elevata qualità dei suoi prodotti tipici e la straordinaria bellezza dei suoi paesaggi. Le attività legate all'agricoltura possono, se coerenti con un modello sostenibile, valorizzare, tutelare e moltiplicare questi punti di forza, attraverso un'agricoltura multifunzionale che punti al superamento di monocolture impattanti e individui risposte alla crisi, ormai sistemica, del modello agricolo convenzionale.
E' per questi motivi che noi sosteniamo la necessità di dare un forte impulso alle esperienze di filiera corta e di qualità. E' giunto secondo noi il momento di rompere gli indugi e indirizzare le politiche umbre nella direzione di questi modelli di sviluppo che rappresentano le migliori e più concrete opportunità di valorizzazione, anche economica, del nostro territorio con ricadute occupazionali per niente trascurabili.
Non si deve negare che spesso, nel recente passato, nel dibattito attorno a tali temi, vi sia stata qualche ambiguità di troppo e una scarsa capacità nel superare gli interessi particolari a favore di quelli collettivi. Mi riferisco in particolare agli aspetti legati al comparto della zootecnia in Umbria e alle ben note vicende legate alla suinicoltura, che hanno avuto anche risvolti rilevanti in sede giudiziaria. E' significativo innanzitutto che nella relazione non si faccia menzione dell'emergenza legata agli scandali che hanno colpito i territori di Marsciano e Bettona. Crediamo che se veramente è nostra intenzione parlare di sviluppo sostenibile, di Umbria verde, di qualità e di un'economia ad elevato valore aggiunto, si debba avere il coraggio di ridefinire questo comparto secondo un modello che, come ricordavamo in precedenza, non esiti ad abbandonare i tabù e le posizioni di rendita, ma sia invece in grado di immaginare una zootecnia basata su marchi e certificazioni, su una filiera corta e di qualità, che non inquini l'ambiente, integrata con il territorio, capace di qualificare i nostri prodotti tipici e di generare valore aggiunto in Umbria. Dobbiamo avere il coraggio di dare uno stop chiaro agli allevamenti in regime di soccida, notando l'effetto perverso di allevare non per una filiera alimentare, ma per produrre il liquame necessario all'innesco della formazione di biogas.
Noi le chiediamo, Presidente, di elaborare un Piano per la zootecnia sostenibile in Umbria in grado di restituire fiducia innanzitutto alle popolazioni di quei territori. Un Piano che sappia individuare le potenzialità vere della nostra regione, che sappia qualificare il settore e quantificare il numero di capi sulla base dei quali programmare un'impiantistica che a nostro avviso non può che essere di livello aziendale. Nei territori di Bettona e Marsciano, prima ancora che l'equilibrio ambientale e le potenzialità di sviluppo economico, a essere compromessa è stata la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. E' necessaria quindi una presa d'atto definitiva che metta fine a interpretazioni di comodo e a tentazioni furbesche di proseguire sui sentieri già battuti che ci hanno condotto all'attuale situazione di emergenza.
Nella indeterminatezza che talora contraddistingue le linee programmatiche di legislatura, colpisce la precisione di dettaglio con cui si affronta la materia riguardante la gestione integrata dei rifiuti, ribadendo in particolare la necessità del ricorso al trattamento termico e la necessità dell'ampliamento delle discariche di Belladanza, Borgo Giglione e Le Crete. Punto fondamentale per noi sarà poter constatare che il Piano viene applicato in tutta la sua interezza. Quindi: raccolta domiciliare "porta a porta" in tutto il territorio regionale, passaggio "da tassa a tariffa" e tariffe personalizzate sulla base dei rifiuti indifferenziati realmente prodotti dalle famiglie (secondo il principio "chi meno inquina meno paga"), netta separazione tra gestori della raccolta e gestori degli impianti di smaltimento ultimo, sperimentazione dei sistemi di preselezione più avanzata (modello Vedelago) almeno negli Ati non dotati di impiantistica (Ati1 e Ati4). Il ciclo deve essere chiuso a livello regionale su una base quantitativa misurata su una raccolta differenziata del 65% e sull'effetto di norme, che non ci sono ancora, riguardanti il contenimento dei rifiuti all'origine.
Solo a quel punto - certo non prima - si potrà discutere sull'effettiva necessità e sulla tecnologia più avanzata da adottare per la chiusura del ciclo, tenendo presente che l'incenerimento dei rifiuti contribuisce all'effetto serra in modo consistente e che la sua relazione, Presidente, afferma essere questo uno dei principali nemici da combattere. Tenendo conto anche del fatto che non ci risultano politiche regionali particolarmente sensibili all'introduzione di modelli di selezione meccanica spinta sul modello Vedelago, che forse renderebbero superfluo sia l'ampliamento delle discariche esistenti che la realizzazione di impianti di smaltimento finale che notoriamente necessitano di quantità non trascurabili di rifiuti. Non è inopportuno ricordare infine che nel 2012 cessa del tutto il regime del CIP6, scandalo tutto italiano che mette sullo stesso piano l'energia prodotta da fonti rinnovabili e quella prodotta da rifiuti che in questo modo cesserà di essere economicamente conveniente.
A nostro avviso occorre anche una presa di posizione più precisa riguardo al trasporto ferroviario e ai collegamenti extraregionali. Non ci convince lo slancio infrastrutturale che punta a uno sviluppo della viabilità su gomma come soluzione per l'isolamento dell'Umbria. Noi non siamo contrari ad avviare interventi per favorire il superamento dell'isolamento infrastrutturale dell'Umbria. Il nostro appoggio non mancherà per tutte quelle opere utili e sensate che possano consentire di immaginare una regione moderna e al passo con i tempi. Sosterremo con convinzione il potenziamento della rete ferroviaria, con l'ipotesi di connessione della Fcu ad Arezzo, in modo da collegare la rete regionale a quella nazionale. Ma sarebbe opportuno che il nuovo Piano dei trasporti esaminasse anche la possibilità di collegare direttamente Perugia con l'Alta Velocità, con la variante della Orte-Falconara, senza di che la rete infrastrutturale strategica resterebbe quella stradale e lo stesso aeroporto regionale sarebbe destinato a vedere mortificate le proprie potenzialità.
E' invece ormai nota, e qui oggi la ribadiamo, la nostra posizione fermamente contraria alla trasformazione della E45 in autostrada. Non ci stancheremo mai di ripetere che si tratta di un'opera inutile, costosissima e dall'impatto devastante sul territorio e sul paesaggio umbro. Tra l'altro ci domandiamo come possa essere ancora credibile mettere in cantiere un progetto come questo a fronte della pesante situazione finanziaria ed economica che sta vivendo il nostro paese. A meno che non si considerino gli evidenti fini propagandistici. Ciò che serve realmente è la messa in sicurezza di questa importante arteria stradale ed il suo adeguamento agli standard europei. Prima ancora e più realisticamente serve un piano di manutenzione straordinaria che ci eviti la vergogna di una strada non degna di un paese europeo. Per fare questo siamo pronti a non escludere il pedaggiamento del valico di Verghereto, facendo salva ovviamente la viabilità locale e regionale.
Priorità assoluta deve essere data alle grandi incompiute: dalla Perugia-Ancona alla E78, alla tre valli. Siamo inoltre convinti che l'Umbria, così come gran parte del Paese, non ha bisogno di grandi opere, ma di una grande stagione di opere pubbliche. Il che significa iniziare a valorizzare le nostre reali potenzialità, senza rincorrere visioni e progetti che altri hanno già sperimentato e che oggi stanno abbandonando.
C'è infine un aspetto su cui ci saremmo attesi maggiore attenzione. In epoca di crisi economica, di sacrifici e di tagli, è necessario il coraggio per rendere effettiva l'affermazione da cui si dipana la relazione di programma, laddove si afferma che non devono più esistere tabù o rendite di posizione. Tutti dobbiamo fare la nostra parte e avere il coraggio di inoltrarci nella selva degli enti sub-regionali per effettuare dei tagli reali. E' opportuno, a nostro avviso, concentrarsi su Asl, Comunità montane ed Ati. Se le province ci sono e il governo nazionale appare in questo campo indeciso a tutto, devono poter vedere assegnati dei ruoli e delle competenze che oggi sono assegnate ad Ati e Comunità montane. Per quanto ci riguarda sono da privilegiare le istituzioni elettive.
Ci sembra che debba essere rivista anche la pratica delle consulenze esterne che negli anni hanno appesantito i bilanci della pubblica amministrazione, hanno reso meno trasparente il rapporto tra politica e istituzioni e spesso hanno dissimulato una riproposizione del vecchio precariato pubblico. Affermare che tutte le assunzioni dovranno essere fatte attraverso pubblico concorso potrebbe rappresentare una svolta rispetto a quanto praticato fino ad oggi. Un bel segnale di rinnovamento che la invitiamo a non trascurare.
Stessa cosa vale per le nomine dei direttori delle Asl: è giunto forse il momento di abbandonare la pratica delle nomine politiche per individuare altre modalità meno lottizzatorie e più aderenti ai bisogni della nostra regione per individuare chi deve guidare uno dei settori più importanti del nostro sistema sociale. Se è discutibile la trasformazione aziendalistica del nostro sistema sanitario, lo è ancora di più pensare di trasferire in quel sistema le pratiche della vecchia conduzione partitica.
Presidente, per l'importanza politica e la forza innovativa che hanno i temi che Le proponiamo, pensiamo che risulti necessaria la loro introduzione nel programma di legislatura, contribuendo a qualificarlo ulteriormente rispetto all'impronta innovativa che noi già vi riconosciamo. Esistono nella nostra società regionale delle forti aspettative di una visibile discontinuità nell'azione di governo rispetto alla fase che ci lasciamo alle spalle. Lei stessa sottolinea l'avvio di una nuova fase storica per la società e per l'economia dell'Umbria e sale forte dalla società civile della nostra regione una richiesta di coerenza tra le enunciazioni di principio e i fatti.
Per questo chiediamo delle risposte chiare riguardo ai temi che l'Italia dei Valori, seconda forza della coalizione di centrosinistra, pone oggi sul tavolo del dibattito. Le assicuriamo sin da ora che sulle questioni che abbiamo evidenziato saremo intransigenti. Riteniamo che puntare sulla green economy e sul superamento di rendite di posizione consolidate rappresenti realmente un'opportunità per la nostra regione e una concreta risposta alla richiesta di azioni innovative capaci di rilanciare lo sviluppo dell'Umbria. Posizioni incoerenti o addirittura contraddizioni interne alla nostra stessa proposta di governo risulterebbero controproducenti per la nostra coalizione e per l'Umbria. Noi - lo diciamo subito - manterremo ferma anche in futuro la nostra posizione in Consiglio regionale sulle questioni che abbiamo posto come contributo al programma di governo della regione.
Detto questo, posso oggi assicurare che l'Italia dei Valori darà il proprio contributo determinato alla piena realizzazione delle linee programmatiche della coalizione, ritenendole pienamente compatibili con il modello di sviluppo sostenibile che ci sta a cuore e con una visione della cosa pubblica improntata al rigore e alla trasparenza. Il nostro apporto alla coalizione di governo ci porterà a ricercare maggiore slancio a favore della riconversione delle colture agricole verso un modello più rispettoso delle vocazioni della nostra regione, nel sostegno all'artigianato e alla piccola e media imprenditoria, nella valorizzazione del turismo di qualità e delle politiche mirate al rilancio della filiera Turismo-ambiente-cultura.
Sosterremo con convinzione l'azione della regione finalizzata da un lato a dare continuità agli strumenti per facilitare l'accesso al credito per il sistema delle imprese e dall'altro lato a rafforzare la struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese stesse, contrastando la pratica che vede alcune realtà imprenditoriali indebitamente "assistite" e altre non adeguatamente accompagnate nel loro percorso di innovazione e nella loro ricerca di posizionamento creativo nel contesto globale. Allo stesso modo condividiamo l'obiettivo di predisporre servizi orientati al riposizionamento attivo delle aziende colpite dalla crisi.
Non mancherà il nostro appoggio al tentativo di costruire un sistema culturale integrato, che garantisca standard qualitativi elevati e riconoscibili e capace di metter in rete soggetti e servizi.
Ci impegneremo perché il nostro sistema sanitario riesca, mantenendo un adeguato equilibrio finanziario, a fare decisi passi avanti nella qualità della relazione con i cittadini, ad esempio lavorando per ridurre in maniera significativa le liste d'attesa.
Riteniamo fondamentale un'azione decisa nel campo delle politiche per la casa. A questo proposito crediamo che si debba arrivare in tempi brevi all'approvazione della nostra proposta di legge in materia di autocostruzione e autorecupero che contiene norme che possono fornire una risposta adeguata alle esigenze abitative delle fasce deboli.
Ci impegneremo per rafforzare i legami e la fiducia con i territori e con i cittadini della nostra regione, maggiore sostegno alle forze sane del nostro tessuto sociale, dalle associazioni di volontariato all'economia sociale, dalla finanza etica, al commercio equo e solidale. Avendo sempre presente la volontà di cambiamento e di rigore etico che sta alla base del nostro impegno politico e della nostra presenza nelle istituzioni.
Idv sarà pertanto un alleato serio e leale, ma non subalterno. Pronto ad arricchire con le proprie idee i programmi di coalizione e ad esercitare la difficile arte del confronto. Su un piano paritetico. Con la responsabilità che ci viene assegnata dall'essere, sulla base dei consensi che i cittadini ci hanno voluto accordare, la seconda forza della coalizione chiamata a governare questa regione.
Sono convinto che sapremo ricercare le sintesi che ci consentiranno di governare le sfide più complesse. Lavoreremo instancabilmente dai banchi di questo Consiglio in cui siamo fieri di sedere, ma anche dai vari territori regionali assieme ai cittadini chi ci hanno dato questa magnifica opportunità di rappresentarli.
Per questo, signora Presidente, nel pieno della propria autonomia progettuale e di elaborazione, con i distinguo che ho appena illustrato e in attesa di avere risposte rispetto alle istanze rappresentate, l'Italia dei Valori le augura un quinquennio di progetti, di cambiamento e di autentica capacità di affermare il buon governo nella nostra Regione.
Grazie.
Oliviero Dottorini
Capogruppo Italia dei Valori
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