Ieri il Consiglio regionale ha approvato la legge di riforma dell'asetto istituzionale regionale. Noi riteniamo che questa sia solo una prima parte, e non sempre adeguata, delle riforme necessarie a snellire l'apparato amministrativo e burocratico della nostra Regione. Valutiamo positivamente lo scioglimento delle Comunità montane e degli Ati e apprezziamo il fatto che la Giunta abbia recepito le nostre proposte di riordino delle funzioni relative al servizio idrico e alla gestione del ciclo dei rifiuti. La giunta regionale ha dovuto invertire la marcia anche riguardo alle nuove funzioni che intendeva conferire alle province, il che ha reso evidente la lungimiranza e lo spirito autenticamente riformatore dei nostri emendamenti che inizialmente erano stati "scomunicati" dalla giunta.
Ma su molte questioni (unioni di comuni, per esempio) rimangono da parte nostra perplessita' fondate e irrisolte.
Durante la mattina in aula si è tenuto il dibattito e per l'Italia dei Valori è intervenuto il segretario Paolo Brutti. Io ero a Roma per un impegno precedentemente concordato, quindi ho potuto solo fare delle brevi conclusioni nel pomeriggio. Qui sotto trovate pero' l'intervento integrale che avevo preparato per il dibattito della mattina.
(Leggi/Nascondi l'intervento integrale)
RIFORMA DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO REGIONALE
INTERVENTO DI OLIVIERO DOTTORINI
Grazie Presidente, colleghi,
questa che ci accingiamo a votare oggi è una riforma provvisoria. Potremmo definirla come il "primo tempo" delle riforme dell'apparato amministrativo e istituzionale regionale. L'accelerazione impressa dal governo Monti riguardo al superamento delle Province, infatti, imporrà al governo regionale e all'assemblea legislativa di rimettere mano a un assetto che a tutt'oggi appare precario e incompleto.
Quindi, nel momento in cui, come appare ad oggi acquisito, le funzioni svolte attualmente dalle Province torneranno in capo ai comuni o alla Regione stessa, sarà necessario rimettere mano - ancora una volta - a una nuova rappresentazione della nostra architettura amministrativa e istituzionale.
In questo senso la scelta della Giunta di stralciare tutti gli articoli che prevedevano il conferimento di ulteriori funzioni alle Province appare come un'opportuna presa d'atto di un dato di realtà che fino all'ultimo si è tentato inspiegabilmente di ignorare.
Per molte settimane il disegno proposto dalla giunta regionale è sembrato andare in direzione opposta rispetto sia a quanto sostenuto in maniera trasversale dalla gran parte delle forze politiche a livello nazionale, sia al sentire diffuso dei cittadini. Una sottovalutazione che dà ragione a quanti, come Italia dei Valori, hanno da subito manifestato la propria contrarietà a questa parte del provvedimento. Giova ricordare, a tal proposito, che solo pochi mesi fa centinaia di migliaia di italiani hanno firmato una proposta di legge di iniziativa popolare per l'abolizione delle Province. L'Italia dei Valori è stata promotrice di questa iniziativa e si è impegnata nelle strade e nelle piazze del Paese per raccogliere le firme. Solo nella nostra regione ne sono state raccolte oltre 5mila e 500. Quei cittadini ci hanno inviato un segnale chiaro e noi crediamo di aver correttamente interpretato quella domanda di semplificazione istituzionale, di riduzione dei costi della politica e di razionalizzazione del sistema degli enti locali.
Coerentemente, nell'ambito della discussione sulle riforme istituzionali della nostra regione, abbiamo da subito detto che ci sembrava assurdo conferire alle Province ulteriori funzioni rispetto a quelle già svolte. A meno di non immaginare un improbabile e anacronistico tentativo di controriforma che partisse proprio dall'Umbria. Per questo abbiamo presentato emendamenti che hanno trovato il consenso della prima commissione, ma anche reazioni scomposte e fuori luogo. Neppure i tentativi di mediazione da noi proposti hanno trovato apprezzamento.
Siamo stati accusati di avanzare proposte strumentali mirate solo ad ottenere visibilità, di non essere una forza affidabile per il governo dell'Umbria, giungendo a una drammatizzazione, che vista con gli occhi del poi, appare singolare e significativa di un atteggiamento un po' supponente e poco incline al confronto.
Poi è arrivata la manovra del governo Monti, le minacce di ripresentare e di ribaltare in aula il senso degli emendamenti approvati in commissione sono rientrate e tutto è tornato nell'alveo della ragionevolezza. Intendiamoci. Le modalità con cui inizialmente il governo sembrava approcciarsi a questa materia ci sono apparse da subito inappropriate e - per così dire - brutali, soprattutto per i modi in cui interveniva "a gamba tesa" su di un ente locale elettivo. Ma hanno avuto il merito di raccogliere un sentimento diffuso nell'opinione pubblica e di dare coerenza a un'esigenza che trova riscontro, almeno sulla carta, in quasi tutti i programmi delle forze politiche del nostro Paese.
Il fatto che oggi, quindi, la giunta abbia deciso di stralciare dal provvedimento tutta la parte che conferiva ulteriori deleghe alle province dimostra quanto la nostra proposta fosse dotata di lungimiranza e spirito riformista. La fa apparire in tutta la sua moderazione e dimostra quanto fosse collocata in un contesto nazionale che a noi appariva facilmente decifrabile, indipendentemente dalle scelte del governo nazionale. I cambiamenti è sempre meglio guidarli che subirli.
Per quanto riguarda la valutazione generale del disegno di legge oggi in discussione, dobbiamo dire che ci piace più per quello che toglie che per le innovazioni che introduce. E' nostra convinzione che le amministrazioni pubbliche e la Regione non devono diventare degli esattori in nome e per conto del governo, scaricando i costi dei tagli sulle spalle dei cittadini, ma devono realizzare un contenimento dei loro costi, corrispondendo alla diffusa consapevolezza dei cittadini che in Umbria la macchina pubblica può e deve essere ridimensionata. Per questo abbiamo da subito dato sostegno all'idea che potesse essere superata la complessità di un apparato divenuto insostenibile, con sovrapposizione di funzioni, livelli organizzativi e dotazioni organiche abnormi, stratificatesi negli anni e non sempre in modo coerente alle reali esigenze della nostra regione. In questo quadro consideriamo positivo lo scioglimento delle Comunità montane e degli Ati. Abbiamo apprezzato l'apertura della Giunta nel recepire le nostre proposte in merito al riordino delle funzioni relative al servizio idrico e alla gestione del ciclo dei rifiuti. Avevamo infatti chiesto, in sede di confronto di maggioranza, che tali servizi fossero rideterminati in un ambito territoriale unico regionale e possibilmente assegnati alle competenti direzioni regionali. La previsione, contenuta nel testo, di individuare un soggetto regolatore unico, in ambito regionale, non è esattamente ciò che chiedevamo, ma ci sembra vada nella giusta direzione e trova il nostro convinto sostegno.
Ma quando si tenta di ridisegnare l'architettura del nostro sistema amministrativo, la nostra valutazione è più articolata. Da questo punto di vista abbiamo già avuto modo di dire che la pietanza che ci veniva somministrata non era di nostro gradimento; che l'avremmo voluta in molte parti diversa; che avremmo comunque tentato di digerirla per spirito di coalizione. Purché non ci fosse chiesto persino di dire che era buona.
E allora andiamo per ordine. Innanzitutto è giusto ridimensionare l'enfasi che nei mesi scorsi ha accompagnato questo tentativo di riforma. Quando si afferma che circa il 95 per cento dei costi complessivi dell'intera operazione sono rappresentati dagli oneri relativi alla dotazione organica e quando - giustamente e nonostante tutto - si intende confermare tutto il personale attualmente impiegato sia nelle Comunità montane che nei Consorzi di bonifica, si capisce come i risparmi effettivi non saranno riscontrabili se non nel lungo periodo. Il che non rende meno opportuno l'intervento riformatore, anche perché i risparmi sono legati anche alla capacità di risposta e di efficienza di cui potranno godere i cittadini. Ma è chiaro che, ai fini delle economie, nel ridisegno complessivo del sistema amministrativo avrà maggior peso il blocco del turn-over rispetto alle nuove articolazioni concepite.
La parte più debole della riforma a noi appare quella relativa alle unioni dei comuni. Dal quadro generale che emerge dalla riforma, letto unitamente ai provvedimenti nazionali del governo Berlusconi, risulta un assetto finale molto confuso. Difficile districarsi tra i diversi tipi di unione: per i comuni sotto i mille abitanti, per quelli tra mille e 5mila e infine le unioni speciali previste dal disegno di legge della giunta. Ogni tipo di unione poi avrebbe come oggetto diverse funzioni comunali. Una stratificazione di enti caotica che non ci dà la certezza di pervenire ad una effettiva razionalizzazione del sistema complessivo. Nella nuova versione del sistema il rischio è quello di passare dall'attuale assetto delle 5 Comunità montane a 12 enti molto simili a queste, nella loro struttura simili in tutto a nuove Comunità montane o Ati.
E' vero che l'assessore Rossi fornisce un'altra lettura dei fatti, affermando che non si passerà da 5 Comunità montane attuali a 12, ma che in realtà si passerebbe da 92 comuni a 12 unioni speciali, semplificando di molto il sistema. Questa interpretazione ha una sua seduzione, ma non tiene conto del fatto che in ogni caso i 92 comuni continueranno ad esistere, per giunta nelle loro ulteriori articolazioni in varie forme di unione. Una sovrapposizione che non ci convince (avremmo voluto si approfondisse con maggiore convinzione l'ipotesi più leggera delle convenzioni tra comuni) e che rischia di impattare anche con la nuova versione delle Province che uscirà dal processo avviato a livello nazionale, questa volta dal Governo Monti.
In questo contesto condividiamo il rischio di "babele istituzionale" paventato dall'assessore Rossi. Lo scenario dello svuotamento delle Province delle funzioni a loro attualmente attribuite renderà necessaria una diversa allocazione di funzioni a livello territoriale. Ci sarà una "fase 2" delle riforme che dovrà prendere atto definitivamente di un'articolazione istituzionale basata su Regione e comuni. In questo contesto è da verificare se le unioni speciali dei comuni possano acquisire una loro ragion d'essere.
Infine un ulteriore elemento di valutazione è costituito dai consorzi di bonifica, tema questo molto sentito dalla società civile, come è emerso anche dai momenti partecipativi che la commissione ha organizzato. Molti cittadini vivono come una vera e propria vessazione il pagamento del tributo di bonifica, non comprendendo quale beneficio diretto possano trarre dalle opere dei Consorzi. Si verificano situazioni grottesche di cittadini che per il semplice motivo di essere proprietari di immobili all'interno del comprensorio ricevono avvisi di pagamento per importi di circa 1 euro, ai quali si sommano i costi di gestione di oltre 10 euro e che poi si trasformano in cartelle esattoriali senza ricevere in cambio, nella maggior parte dei casi alcun beneficio dall'attività svolta dal consorzio. La situazione è grottesca anche perché se per la riscossione il consorzio si avvale di società specializzate, le cartelle lievitano ulteriormente, mettendo a dura prova la pazienza di chi ha solo la sfortuna di possedere immobili all'interno del comprensorio.
La discussione su questo tema è stata molto articolata e complessa, anche a causa degli ostacoli e dei vincoli normativi che hanno limitato la capacità della regione di intervenire per una soluzione radicale del problema. La nostra valutazione è nota: noi riteniamo che questi organismi debbano essere superati al più presto e riteniamo che stia nel loro scioglimento la soluzione dei problemi, evitando una ingiusta e anacronistica emissione di ruoli, una disparità di trattamento contributivo tra diversi territori della stessa regione e individuando il principio in base al quale i cittadini debbano pagare per i servizi realmente svolti e non per mantenere apparati di cui ormai nessuno - o quasi - riesce a giustificare l'esistenza.
Per questo abbiamo presentato una mozione che anche i colleghi Locchi, Stufara, Buconi e Carpinelli hanno sottoscritto che impegna la giunta ad "attivarsi nei confronti delle Autorità statali affinché provvedano a normare la chiara facoltà da parte delle Regioni di poter sopprimere tutti i consorzi, consentendo una diversa allocazione dell'esercizio delle funzioni pubbliche".
Con questa premessa riteniamo che l'esito della discussione all'interno della maggioranza e nelle sedi istituzionali sia condivisibile e che rappresenti una buona base per affrontare l'ulteriore discussione che inevitabilmente il disegno di legge specifico di riforma della legge regionale 30 del 2004 richiederà.
Nell'impossibilità di giungere alla soppressione dei consorzi, infatti, crediamo che sia stato saggio prevedere, entro 60 giorni, la definizione di un altro disegno di legge i cui principi sono però già definiti nel testo che oggi ci accingiamo a votare: ridefinizione degli ambiti territoriali dei comprensori di bonifica, riallocazione delle funzioni pubbliche regionali, sottraendole ai consorzi per conferirle alle unioni speciali dei comuni. In questo modo verrà meno, come chiedevamo, il principale motivo che dava diritto ai consorzi di emettere i ruoli per la riscossione del tributo. La Regione, in questo modo, tende a separare in modo quanto più definito possibile le funzioni pubbliche che le competono, da quelle private e da quelle statali. Non è detto che questo impedirà ai Consorzi di continuare ad emettere ruoli, ma non potranno più farlo in nome della Regione.
Ma da questo punto di vista noi riteniamo che i cittadini avranno la possibilità di fare ricorso per far valere i propri diritti.
Rimane un punto su cui le nostre opinioni non convergono. Noi riteniamo che l'intenzione originaria della giunta di ridurre da tre a uno i consorzi debba essere mantenuta. Nessuno avverte come pressante l'esigenza di mantenere in vita strutture, apparati e apicalità di cui si potrebbe agevolmente fare a meno, collocando la nostra azione di legislatori in un contesto storico di tagli e di sacrifici a cui tutti siamo chiamati. Non è nostra intenzione approfondire in questa sede il discorso, anche perché il testo che andiamo oggi ad approvare non esplicita le intenzioni della giunta in proposito. Rimandiamo la discussione a tempo debito, ma ci teniamo a rendere esplicito sin da ora il nostro orientamento.
Presidente, è un provvedimento con luci e ombre quello che andiamo ad approvare, un provvedimento che tuttavia ci ha visti come parte attiva e che possiamo dire di aver contribuito a migliorare notevolmente soprattutto per quanto riguarda Consorzi di bonifica ed Ati. In ultima istanza crediamo che sia questo il compito di una forza politica responsabile che vuole contribuire e partecipare al governo della nostra regione, senza la pretesa di porre alcun veto, ma anche senza subalternità nei confronti di alcuno.
Siamo forza di governo, di buon governo. Lavoriamo per riforme autentiche e non ci piacciono i maquillage. Continueremo a fare di tutto perché, anche nel prosieguo del percorso legislativo che ci attende, prevalgano scelte dettate dalla ricerca del bene comune e non di conservazione corporativa. In questo dovremo avere tutti la forza di resistere a pressioni e a resistenze. Non è semplice, ne siamo consapevoli, andare a toccare equilibri consolidati e rendite di posizione acquisite, ma crediamo che riduzione degli sprechi e razionalizzazione dei servizi siano una scelta obbligata. Pensiamo in questo di rispondere a una richiesta legittima che giunge pressante dall'opinione pubblica e questo ci rinfranca nel nostro lavoro.
Grazie
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