"Smacco per la città. Grave e tardiva la presa di posizione del sindaco e della giunta che accettano lo smantellamento per non disturbare gli assetti perugini"
"Un altro pezzo di città che si perde grazie all'accondiscendenza di un'amministrazione comunale piegata alle direttive che giungono da Perugia. Lo smantellamento dei corsi di Villa Montesca è solo l'ultimo smacco per una città che sta svendendo pezzo dopo pezzo tutto il proprio patrimonio e la propria autorevolezza". Con queste parole Oliviero Dottorini, capogruppo dell'Italia dei Valori in Consiglio regionale, commenta le notizie secondo le quali sia il Senato accademico che il Consiglio d'amministrazione dell'Università si sarebbero pronunciati a favore della sospensione sia del primo anno del corso di laurea in Tecniche della prevenzione dell'ambiente e nei luoghi di lavoro sia di quello in Infermieristica.
"Sono notizie gravissime - spiega Dottorini che il 16 marzo scorso aveva presentato un'interrogazione in proposito -. La tardiva e imbarazzata presa di posizione del sindaco Bacchetta non fa che confermare l'inconsistenza di chi, per non disturbare gli assetti perugini, si limita a prendere atto della scelta quando è già stata presa. Altri comuni della regione hanno alzato le barricate per evitare la chiusura delle proprie sedi. Il sindaco di Assisi ha minacciato di incatenarsi di fronte al Ministero, Foligno ha trovato le giuste protezioni istituzionali, Narni si è mobilitata per scongiurare niente di meno che la chiusura del corso in Tecniche dell'investigazione. Ma dal comune di Città di Castello è giunto solo silenzio e disinteresse. E così i tagli arriveranno laddove l'Università ha trovato le giuste "morbidezze" e accondiscendenze. Uno smacco per la città, tanto più perché ci troviamo di fronte ad esperienze positive, che hanno formato centinaia di professionisti con percentuali elevatissime di impiego lavorativo. Non è pensabile che oltre 300 studenti debbano accollarsi i disagi derivanti dai tagli indiscriminati del governo Berlusconi senza che il Comune abbia avvertito il dovere di intervenire. Dopo aver rinunciato al museo d'arte contemporanea, dopo aver svenduto la discarica di Belladanza e avere accettato la più piccola e inutile piastra logistica dell'intera regione, oggi ci giunge una notizia che non possiamo accettare senza chiamare l'intera città a una mobilitazione. Per questo, vista la totale inadempienza dell'Amministrazione comunale, chiediamo che la Presidente Marini nella sua veste di assessore alla Sanità risponda al più presto alla nostra interrogazione del 16 marzo in cui chiedevamo che la Regione si facesse parte attiva presso l'Università per scongiurare la chiusura del Polo universitario di Città di Castello".
"Piuttosto che chiudere i corsi - conclude Dottorini - sarebbe opportuno programmarne il trasferimento nel nucleo cittadino, ad esempio nei locali dell'ex Agraria. A guadagnarne sarebbe l'intera città, e non solo dal punto di vista culturale. I tre quarti degli studenti infatti provengono da fuori città o da fuori regione e porterebbero sicuramente un'iniezione rigenerante anche dal punto di vista economico. Ma evidentemente qualcuno preferisce perdere l'università pubblica per dare spazio a quella privata. E ogni riferimento è tutt'altro che casuale".
Perugia, 29 aprile 2011
"Un altro pezzo di città che si perde grazie all'accondiscendenza di un'amministrazione comunale piegata alle direttive che giungono da Perugia. Lo smantellamento dei corsi di Villa Montesca è solo l'ultimo smacco per una città che sta svendendo pezzo dopo pezzo tutto il proprio patrimonio e la propria autorevolezza". Con queste parole Oliviero Dottorini, capogruppo dell'Italia dei Valori in Consiglio regionale, commenta le notizie secondo le quali sia il Senato accademico che il Consiglio d'amministrazione dell'Università si sarebbero pronunciati a favore della sospensione sia del primo anno del corso di laurea in Tecniche della prevenzione dell'ambiente e nei luoghi di lavoro sia di quello in Infermieristica.
"Sono notizie gravissime - spiega Dottorini che il 16 marzo scorso aveva presentato un'interrogazione in proposito -. La tardiva e imbarazzata presa di posizione del sindaco Bacchetta non fa che confermare l'inconsistenza di chi, per non disturbare gli assetti perugini, si limita a prendere atto della scelta quando è già stata presa. Altri comuni della regione hanno alzato le barricate per evitare la chiusura delle proprie sedi. Il sindaco di Assisi ha minacciato di incatenarsi di fronte al Ministero, Foligno ha trovato le giuste protezioni istituzionali, Narni si è mobilitata per scongiurare niente di meno che la chiusura del corso in Tecniche dell'investigazione. Ma dal comune di Città di Castello è giunto solo silenzio e disinteresse. E così i tagli arriveranno laddove l'Università ha trovato le giuste "morbidezze" e accondiscendenze. Uno smacco per la città, tanto più perché ci troviamo di fronte ad esperienze positive, che hanno formato centinaia di professionisti con percentuali elevatissime di impiego lavorativo. Non è pensabile che oltre 300 studenti debbano accollarsi i disagi derivanti dai tagli indiscriminati del governo Berlusconi senza che il Comune abbia avvertito il dovere di intervenire. Dopo aver rinunciato al museo d'arte contemporanea, dopo aver svenduto la discarica di Belladanza e avere accettato la più piccola e inutile piastra logistica dell'intera regione, oggi ci giunge una notizia che non possiamo accettare senza chiamare l'intera città a una mobilitazione. Per questo, vista la totale inadempienza dell'Amministrazione comunale, chiediamo che la Presidente Marini nella sua veste di assessore alla Sanità risponda al più presto alla nostra interrogazione del 16 marzo in cui chiedevamo che la Regione si facesse parte attiva presso l'Università per scongiurare la chiusura del Polo universitario di Città di Castello".
"Piuttosto che chiudere i corsi - conclude Dottorini - sarebbe opportuno programmarne il trasferimento nel nucleo cittadino, ad esempio nei locali dell'ex Agraria. A guadagnarne sarebbe l'intera città, e non solo dal punto di vista culturale. I tre quarti degli studenti infatti provengono da fuori città o da fuori regione e porterebbero sicuramente un'iniezione rigenerante anche dal punto di vista economico. Ma evidentemente qualcuno preferisce perdere l'università pubblica per dare spazio a quella privata. E ogni riferimento è tutt'altro che casuale".
Perugia, 29 aprile 2011
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